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Una poesia per tutti voi
Scritto da Miciona
 



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Persona Titolo
Miciona
16/6/2004
15.29.40
saprò abituarmi a non vederti +..
saprò fingere di essere felice..
sapro' rassegnarmi al mio dolore..
sapro' dire alla gente''era destino''..
ma chissà se 1 giorno saprò dire al mio cuore''e'finita




Iraq-Popolo-di-merda
16/6/2004
15.29.40
- E' strana la vita, se mamma e papà non fossero periti in quel tragico incidente, probabilmente avremmo continuato a incontrarci solamente in occasione delle festività natalizie. La loro morte ha segnato la nostra vita, più di quanto avrebbero potuto immaginare. Ricordi come piangevo la sera dopo il loro funerale durante la nostra perlustrazione della stalla? Camminavi dinanzi a me, lungo l'arcata centrale, dilungandoti nel descrivere ogni attrezzo agricolo che giaceva abbandonato ai lati dell'acciottolato che stavamo calpestando. La tua voce tradiva commozione. Ne parlavi come se non li avessi mai usati quegli attrezzi, pur sapendo che da piccola collaboravo con papà e mamma nella gestione dell'azienda. Ascoltavo le tue parole e piangevo. Ti girasti verso di me e mi accogliesti fra le braccia. Le tue dita presero ad accarezzarmi il volto, le labbra, i capelli. I nostri occhi, che per tanto tempo non si erano più incrociati, si specchiarono l'uno nell'altro riflettendo la nostra immagine. Avvicinasti le dita alle mie guance con l'intenzione di rimuovere le lacrime che copiose scendevano dai miei occhi, ma il flusso era così abbondante che nessuna barriera avrebbe potuto arginare la fuoriuscita di liquido. Appoggiasti le labbra sulle mie. Erano morbide, calde, ardenti di passione. La tua lingua mi penetrò ed io smisi di piangere. Il mio cuore pulsava a dismisura. Preso dalla foga mi denudasti della camicetta. Liberasti le spalline del reggiseno facendole scendere lungo le mie braccia. Ancora una volta ti lasciai fare senza opporre resistenza, anche quando il reggiseno scivolò sul mio ventre. I miei seni erano gonfi, sodi e le tue labbra s'incollarono alle mie mammelle. Iniziasti a succhiarle come un bimbo si attacca al seno della madre. Godevo nel sentire i miei capezzoli imprigionati fra le tue labbra. Ti desideravo sopra ogni cosa. Siamo rimasti abbracciati l'uno all'altra, in piedi, turbati dai nostri sensi e dalle paure che ci portavamo dentro da tanto tempo. Ti liberasti del maglione e della camicia scoprendo il torace. Le unghie delle mie dita penetrarono nella carne dei tuoi pettorali fino a raggiungere le areole dei capezzoli che strinsi fra le dita fino a farti urlare dal dolore. Mi supplicasti di non farlo, di smetterla, ricordi? Io, invece, continuai affondandole ancor più in profondità nella tua pelle per punirti della prolungata lontananza. Le nostre labbra continuarono a cercarsi, senza sosta. La tua lingua, morbida e soffice, esplorava la mia bocca penetrandola ripetutamente. Mi scaraventasti in terra, sulla lettiera di paglia, adagiandoti sopra di me. Le tue mani afferrarono le mie braccia e le incrociarono sopra il mio capo tenendole ben ferme. Non opposi resistenza, anche se avrei potuto farlo. Ti desideravo, come tu desideravi me, da troppo tempo. Ti liberasti della mia gonna strappando via anche le mutandine, poi dopo avermi divaricato le cosce mi hai penetrata, senza alcuna precauzione. Ero fradicia d'umore e il tuo cazzo fu una liberazione. Mi hai scopata come si cavalca una puttana, senza dirmi una sola parola affettuosa. Non raggiunsi l'orgasmo, venisti prima tu accartocciandoti su di me. Restammo abbracciati l'uno all'altra per alcuni istanti, esausti. Poi ti sei girato e hai appoggiato le spalle sulla lettiera di paglia. Abbiamo indugiato a guardare il soffitto a lungo, in silenzio. Fosti tu a interrompere la quiete di quei momenti: ''Ti amo Paola, ti amo da sempre. Non mi è bastato fuggire da questa casa per toglierti dalla mente. Ogni donna che ho posseduto aveva le tue sembianze, il tuo volto'' Ricordi quelle parole? Le ho impresse nella mente e non le ho mai dimenticate. ''Anch'io ti amo Renzo'' risposi. Ci siamo uniti in un tenero abbraccio e da allora non ci siamo più lasciati e nemmeno credo ci lasceremo più, perché se mi lasci, morirò con te.

Mentre bisbiglio queste parole le lacrime rigano ancora una volta il mio volto. Afferro un lembo del lenzuolo e asciugo le guance. Lascio cadere il bordo bianco e in quell'attimo lo sguardo si posa sulla leggera protuberanza che sta nel bel mezzo del copriletto. Con circospezione sollevo il lenzuolo fino a scoprire l'addome di Renzo. L'uccello, nel cui meato urinario sta infilato un catetere, è gonfio e grosso. Allungo la mano e mi assicuro della consistenza: è duro! Il mio cuore prende a battere a dismisura. Le luci della sera oscurano la stanza sempre più. Accendo la lampada notturna che sta appesa sulla parete del letto e mi preparo a trascorrere la notte in ospedale. Avvolgo col lenzuolo il corpo di Renzo e mi siedo sulla sedia.

- Ricordi la notte in cui...
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